Presentazione del romanzo presso l'Istituto della Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro
Lì. All'ombra delle pietre accastellate 
(Autore Maria Cirillo)
Recensioni di Gaetano Luciano e Nicola Rombolà; Interventi di Francesco Bartone e Antonio Demasi

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Nella quasi estiva giornata dello scorso 25 giugno, negli splendenti locali della prestigiosa Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro (VV) , si è svolta la prima presentazione ufficiale del libro dell'autrice fabriziese Maria Cirillo, dal titolo “Lì. All'ombra delle pietre accastellate”.

L'architetto Francesco Bartone , curatore dell'iniziativa, introduce l'evento per la presentazione di questo romanzo, che definisce “molto bello”. Porge i saluti a tutti gli affezionati presenti ed ai promotori dell'iniziativa, organizzata dalla Biblioteca, che produce molti appuntamenti culturali, grazie anche al prezioso aiuto delle ottime operatrici dell'Istituto. Quale Direttore della Biblioteca ed amante della cultura, si è prodigato per la realizzazione di questo evento con la sensibilità delle persone dotte, che efficacemente sostengono e custodiscono il patrimonio di conoscenze in tutte le sue manifestazioni umane e naturali.

Le parole spese dagli illustri presentatori sono state gratificanti sia per l'effettivo apprezzamento manifestato, sia per l'elevato livello culturale dei relatori. Piacevolissima la sintesi narrativa della Dott.ssa Elisabetta Amato, Responsabile culturale dell'Istituto della Biblioteca Calabrese, che ha dato l'incipit all'incontro nella maniera più intrigante e consona all'argomento del romanzo. La sua relazione, così stimolante, ha consentito subito ai presenti di entrare nel cuore del romanzo.

 

Successivamente, con bellissime parole e spunti molto penetranti, il Prof. Gaetano Luciano, intellettuale di antico e moderno percorso , ha esaltato i contenuti del romanzo che lo hanno maggiormente colpito, cogliendo in esso non solo ciò che è apparso evidente ed attivo nella storia, ma anche il retroscena sociale dei tempi in cui si svolgono le fasi della narrazione stessa. Ha messo in evidenza alcune interessanti caratteristiche promananti da alcuni personaggi meno visibili; non tralasciando il clou, scenicamente riconoscibile, dell' impronta antropologica di Nardodipace. Paese che dal romanzo risulta particolarmente interessante non soltanto per i megaliti che lo caratterizzano, ma altresì per la felice posizione strategica, d'estremo interesse per gli avvenimenti che hanno interessato le montagne del Sud. Dal libro, in grado di “produrre emozioni differenziate” e “messaggi” nell'ottica del lettore, Luciano ha estratto principalmente l'aspetto di congiunzione tra mito, natura e storia locale. Egli ha osservato nel romanzo non solo le vicende documentate, che pur sono la guida della scrittrice nel percorso narrativo, ma ha posto l'attenzione su aspetti meno visibili, quale fu quello della rivoluzione contadina. Il “movimento dei Roncolari” si colloca in questo habitat quasi naturalmente preordinato alla cospirazione, idoneo a stimolare la curiosità intellettuale ad andare oltre, senza reticenze, verso una rivisitazione del passato col desiderio di conoscerne gli avvenimenti. Ninì Luciano, intellettuale dei tempi duri, non poteva non notare i particolari che sono le madri del progresso. In effetti, l'altro aspetto, solo apparentemente secondario, che egli ha sottolineato, è stato quello dell'evoluzione culturale sottesa ai costumi sociali; i quali, in un passato non molto lontano, non consentivano ad una donna nubile, di buona famiglia, di tenere con sé un figlio nato fuori da un legittimo matrimonio. Una donna quasi sconosciuta “è la madre della storia”: col suo dover nascondere una maternità “peccaminosa”, ha spinto gli avvenimenti in una realtà che ha dell'inverosimile, ma che in fondo è parte di una cultura dominante al maschile.

Al contrario delle pietre accastellate, che raccolgono i segni di una civiltà antica declinata al femminile, con la Dea Madre posta a presidio e governo dei suoi figli.

Molti tratti interessanti del romanzo di Maria Cirillo sono stati rilevati e messi alla luce dal Prof. Nicola Rombolà, giornalista e critico letterario , cultore autentico e spontaneo dell'arte del decifrare e “liberare il significato delle parole”, dalle quali vede fuoruscire “la nostra libertà” ed il “rapporto immediato con le persone”. Senza reticenze ha concentrato, in una semplice enunciazione, il contenuto dell'opera, che definisce “mitico”, perché recupera e rifonda il mito delle origini. La protagonista Marta appare come una sorta di Sacerdotessa di un tempo arcano, che risponde allo sconosciuto richiamo dell'identità perduta. Una sorta di fiaba moderna in cui la protagonista riesce alfine a trovare se stessa. Ed è a Nardodipace, “genus loci” di Marta, che si richiude la circolarità strutturale del mito di fondazione. Dalle pietre accastellate sprigiona allo stesso modo in cui il motto greco “conosci te stesso”, sul tempio di Delfi, ci introduce alla consapevolezza. Il loci è lo spazio che l'autrice propone quale scenario del disvelamento, ma non solo. È da quel luogo, attraverso una dimensione verticale, che trasfigura il linguaggio segreto, attraverso una circolarità strutturale delle storie che si intrecciano, svelando una serie di misteri, e dando a questo luogo un alone misterioso che “si respira”. Con un esperto intreccio delle diverse storie, viene raccontata la verità dei sogni che a ragione, secondo il critico, fanno parte del vivere stesso. Rombolà ha visto nel libro una creatura partorita dall'animo dell'autrice, che attraverso le sue aderenze emotive è riuscita a ricreare suggestioni e personaggi, reali ed immaginari, connessi nell'idealità del proprio essere. I protagonisti principali, Marta e Livio, vivono una doppia dimensione, quella terrena e quella ultraterrena. Infatti è un libro che parla anche di soprannaturale, che apre ad una dimensione quasi esoterica. È, secondo Rombolà, un romanzo interessante, molto importante e che bisogna leggere, perché richiama alla ricerca della verità, per ritrovare la pace. Nardodipace diventa il momento di disvelamento di questo mistero che circondava Marta Carlizzi; ed in questo coglie tanto della sua autrice, ma anche di altri personaggi reali, tuttora viventi. Scorre, quindi, in queste storie, una doppia dimensione, quella del reale e quella dell'immaginario.

Rombolà rammenta, infatti, il servizio giornalistico da lui realizzato per la Gazzetta del Sud nel 2002 in occasione del convegno sui megaliti. È anche per questo che, secondo lui, questo libro molto interessante, è un libro che ci appartiene.

Francesco Bartone, Direttore della Biblioteca, rammenta invece la venuta a Nardodipace del grande filosofo Edgard Morin, in occasione del convegno organizzato dall'ex sindaco Demasi, per i cosiddetti Dialoghi dell'utopia, filo conduttore e stratagemma d'apertura del romanzo della Cirillo.

 

Anche l'ex Sindaco di Nardodipace Antonio Demasi, che fu a suo tempo il promotore dell'evento (che vide anche altri illustri studiosi al tavolo dei Dialoghi) rimarca il fatto che il libro inizia proprio da lì, dal convegno di Edgard Morin: “Gli occhi sull'utopia”. Per lui era stata un'utopia immaginata come reale. Ma la scommessa è stata rimandata a causa degli avvenimenti successivi che hanno spezzato il sogno dell'utopia. Demasi si rammarica del fatto che, in queste realtà, non c'è più una capacità interna di ribellarsi, alcun fermento rassomigliante a quel “movimento delle ronche” di cui si parla nel libro, ma solo acriticità e assuefazione. Esprime soddisfazione per il luogo prestigioso in cui si tiene la prima presentazione, il battesimo del bellissimo romanzo di Maria Cirillo, ma si rammarica che non sia potuto avvenire a Nardodipace. Conclude ponendo l'accento sul percorso di Marta, che cercando sé stessa si è ritrovata, mentre per Nardodipace quella ricerca di se stesso non si è ancora conclusa. Infine, Demasi rimarca che tale possibilità viene dall'unione concertata di varie forze, poiché queste comunità “non hanno la massa critica da soli”.

Per ultimo l'intervento dell'autrice, Maria Cirillo, che ha ringraziato tutti gli intervenuti ed i relatori con le loro splendide recensioni, andando a commentare diversi aspetti della trama del romanzo. Ha puntato l'attenzione sul pericolo della superficialità e della scarsa attenzione verso quegli aspetti vitali che sono i sentimenti, la conoscenza delle persone e dell'ambiente che ci circonda. Fermarsi qualche volta e dare sfogo alla fantasia è spesso salutare. Questo libro è un risultato di tale tentativo: vivere e sognare insieme è probabilmente il modo più completo di trascorrere la propria vita. Si possono fare grandi cose e tanti soldi, che però da soli non servono a nulla; è importante solo quello che serve per vivere. La natura è la verità universale ed è quella che rimane sempre al nostro servizio, ma solo se non violiamo troppo. Non possiamo rimanere fuori dal mondo come sembra che faccia Livio, ma dobbiamo amare il mondo semplice e bello della natura. Tra sogno e realtà, tra mito, storia, utopia e verità, “dobbiamo congiungere anche la nostra persona, il nostro essere e dobbiamo congiungerci con gli altri”. È questo, in fondo, il messaggio che l'autrice ha inteso comunicare.

30 giugno 2013

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